Onorevoli Colleghi! - La normativa vigente in materia di servizi di informazione e sicurezza risale, come è noto, all'ottobre 1977 (legge 24 ottobre 1977, n. 801). Per l'epoca essa conteneva elementi di grande novità e rappresentava una disciplina molto avanzata non solo con riferimento alla normativa previgente, ma anche in relazione a molti ordinamenti stranieri: basti pensare a come le soluzioni introdotte dal legislatore italiano nel 1977 presentino molte analogie con quelle adottate, in quello stesso periodo, in altri ordinamenti e, in special modo, negli Stati Uniti e nella Repubblica federale tedesca.

      I cardini della disciplina del 1977 possono essenzialmente essere ricondotti a tre:

          l'attribuzione al Presidente del Consiglio dei ministri della responsabilità e dell'alta direzione della politica di informazione e sicurezza nazionale;

          l'introduzione del controllo parlamentare sull'operato degli organismi di intelligence, mediante l'istituzione del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato (il cosiddetto «COPACO»);

          la riforma della disciplina del segreto di Stato (che era stata oggetto di severe censure da parte della Corte costituzionale) attraverso la previsione di una specifica procedura di verifica della sua fondatezza, affidata al COPACO.

1. I limiti della normativa vigente.

      Benché potesse considerarsi all'avanguardia al momento della sua approvazione,

 

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la disciplina del 1977 ha mostrato, con il tempo e l'applicazione concreta, taluni limiti evidenti. Alcuni di essi sono, in qualche modo, «intrinseci» alla sua stessa struttura: al riguardo, si segnala preliminarmente come la ripartizione di competenze tra SISMI e SISDE non sia ben delineata dalla legge. Conseguentemente, in sede operativa non sono mancati conflitti (positivi e negativi) di competenza tra i due servizi e si sono spesso registrate sovrapposizioni e duplicazioni di interventi, con inevitabili ripercussioni sulla efficacia e sull'efficienza degli organismi di intelligence, nonché sui relativi costi di gestione.
      Inoltre, nell'impianto della legge del 1977 il coordinamento centrale dell'azione degli organismi di intelligence è rimesso - in linea di principio - ad un organo (il CESIS) che, in concreto, non ha attualmente la struttura nè i poteri necessari per assicurare che una simile fondamentale funzione sia esercitata in modo coerente e continuativo: di fatto, allo stato, SISMI e SISDE tendono assai spesso a «bypassare» il CESIS, che si vede pertanto relegato in un ruolo di assoluto secondo piano.
      In tale contesto, la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri si trova nella imbarazzante condizione di essere l'unico soggetto responsabile di una attività che - in misura non trascurabile - può sfuggire al suo controllo e alla sua direzione.
      A ciò si aggiunga - ed è questo uno dei dati obiettivamente più preoccupanti - che la capacità di reale controllo da parte del COPACO è rimessa, in ultima analisi, alla buona volontà e alla leale collaborazione degli stessi soggetti controllati: a parte la relazione semestrale presentata al Parlamento, non esistono altre comunicazioni periodiche che debbano essere obbligatoriamente fornite al COPACO da parte del Governo, dei servizi o delle forze armate e di polizia.
      Le richieste che il COPACO può indirizzare al Governo (e che quest'ultimo è politicamente tenuto a soddisfare) possono riguardare solo aspetti limitati e generali della politica di informazione e sicurezza. Quanto ai direttori dei servizi, questi ultimi, quando sono ascoltati in audizione, non sono giuridicamente obbligati a dire tutta la verità.
      Nell'attuale contesto normativo, l'operato degli organismi di intelligence può, dunque, sfuggire tanto alla reale guida dell'Esecutivo, quanto all'effettivo controllo democratico del Parlamento.
      Ma la stessa posizione degli appartenenti ai servizi presenta taluni profili estremamente penalizzanti. La legge del 1977 non prevede, infatti, la possibilità che agenti dei servizi possano essere autorizzati a compiere legittimamente, a difesa della sicurezza nazionale, condotte astrattamente configurabili come reati; ne consegue che l'agente che, in situazioni estreme, si trovasse nella necessità di dover commettere un reato per poter salvaguardare un fondamentale interesse nazionale, lo farebbe a proprio rischio e pericolo, senza alcuna preventiva garanzia di tutela.
      Un esempio concreto può aiutare a comprendere un simile paradosso normativo. L'agente che, in ipotesi, si introduca in un covo terroristico per prendere visione dei piani di un possibile attentato rischia concretamente di essere condannato per violazione di domicilio. Attualmente, l'unico modo di evitare una simile conseguenza consiste nell'apposizione del segreto di Stato e nella sua opposizione all'autorità giudiziaria che indaghi sul fatto. Si tratta di uno strumento evidentemente sproporzionato, che per giunta incide sulla stessa credibilità delle istituzioni, potendo alimentare sospetti circa la correttezza del loro operato.
      A ciò si aggiunga che la disciplina del segreto - per i profili diversi dalla apposizione, opposizione e conferma del segreto di Stato - non è stata puntualmente definita dal legislatore del 1977, ma è stata rinviata ad una legge organica della materia che, in realtà, non è stata mai approvata.
      In aggiunta ai limiti «intrinseci» della normativa del 1977 - che si sono sin qui sinteticamente riepilogati - con il tempo se ne sono evidenziati altri, che si potrebbero
 

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definire «estrinseci», in quanto sopravvenuti per il mutato quadro strategico internazionale.
      È appena il caso di ricordare, in proposito, che il sistema dei servizi del 1977 era stato modellato sulle esigenze della «guerra fredda», strutturato per resistere ad un nemico ben definito, militarmente organizzato e riconducibile a precise entità statuali. Con la fine della guerra fredda gli organismi di intelligence devono fronteggiare nemici più insidiosi e sfuggenti, che operano al di fuori di eserciti regolari, di conflitti dichiarati, di organizzazioni stabili e definite: è la logica della guerra asimmetrica nei confronti di terrorismo, criminalità organizzata e minacce alla sicurezza economico-finanziaria del Paese.
      Inoltre, il fenomeno della globalizzazione e la conseguente interconnessione tra le diverse tipologie di minacce rende non più tollerabile una gestione dei servizi che non sia caratterizzata da un forte ed efficace coordinamento centrale, in grado di decifrare in modo corretto il quantitativo crescente di informazioni disponibili e di orientare le singole operazioni di intelligence al perseguimento di finalità coerenti con la complessità della realtà in cui viviamo.

2. La riforma proposta.

      Al fine di porre rimedio ai suddetti limiti della normativa vigente, sin dall'inizio della XV legislatura i componenti del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato hanno dedicato particolare attenzione alle questioni inerenti alla riforma dell'assetto dei servizi, avviando al riguardo un'attenta riflessione e un'accurata attività di approfondimento.
      Nell'affrontare tale tema, tutte le forze politiche rappresentate in seno al Comitato hanno responsabilmente fornito un costruttivo contributo di riflessione: nella consapevolezza che la materia della sicurezza riguarda il Paese nella sua interezza e deve, pertanto, essere affrontata prescindendo da pregiudizi ideologici e da interessi di parte, ciascuno dei componenti del Comitato si è reso disponibile ad un confronto sulle questioni di merito e ha fattivamente collaborato nella ricerca di soluzioni normative il più possibile condivise.
      Il frutto dell'intenso lavoro svolto è costituito dalla presente proposta di legge, che viene presentata dai componenti del Comitato parallelamente ai due rami del Parlamento.
      La riforma messa a punto in seno al Comitato presenta i seguenti principali contenuti.

Generalità ed organicità della disciplina.

      La proposta di riforma interviene su tutti gli aspetti della politica di informazione e sicurezza, senza tralasciarne alcuno: dalla direzione politica alla struttura dei servizi; dal controllo parlamentare ai controlli interni; dal segreto di Stato alle classifiche di segretezza; dalle garanzie funzionali ai rapporti con la magistratura; dalle modalità di reclutamento e formazione allo stato giuridico ed economico del personale.

Rafforzamento della direzione politica.

      L'intero Sistema di informazione e sicurezza nazionale è posto sotto l'alta direzione e la responsabilità generale del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale esercita le proprie funzioni nell'interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento (articolo 1). Viene, altresì, definito un ambito di competenze esclusive del Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 2, comma 1) e si prevede un organo politico con compiti di consulenza e proposta: il Comitato interministeriale per la sicurezza nazionale (CISN) (articolo 4).

 

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Rafforzamento del coordinamento politico dell'azione dei servizi.

      Il Presidente del Consiglio dei ministri e, su sua delega, il Ministro dell'informazione per la sicurezza (articolo 3) assicurano, per il tramite del Dipartimento dell'informazione per la sicurezza (DIS), l'efficace coordinamento dell'operato dei diversi organismi di intelligence. Tali funzioni non possono più essere delegate ad un sottosegretario di Stato (come avviene con la normativa vigente): l'innalzamento del rango istituzionale è diretto a favorire ed intensificare il dialogo del responsabile dell'intelligence con gli altri ministri titolari di competenze in materia.
      L'intero Sistema di informazione e sicurezza nazionale - che comprende anche il II Reparto informazioni e sicurezza dello Stato maggiore della difesa - è posto sotto l'alta direzione e la responsabilità generale del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale esercita le proprie funzioni nell'interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento (articolo 1).

Potenziamento delle funzioni di coordinamento tecnico.

      In luogo del CESIS, è istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri il Dipartimento dell'informazione per la sicurezza (DIS) (articolo 5, comma 1). Al DIS sono affidati incisivi poteri di coordinamento, vigilanza, analisi strategica e proposta. Il direttore generale del DIS è espressione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri (che lo nomina) e stretto collaboratore suo e del Ministro dell'informazione per la sicurezza. L'istituzione di una struttura tecnico amministrativa permanente e dotata di adeguate risorse è diretta a consentire al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'informazione per la sicurezza di essere costantemente informati sull'attività del Sistema di informazione e sicurezza nazionale e di poter tempestivamente intraprendere tutte le misure necessarie.
      È, inoltre, istituito nell'ambito del DIS l'Ufficio centrale degli archivi (UCA), al quale sono demandate rilevanti competenze in materia di gestione degli archivi e vigilanza sul rispetto della normativa di settore (articolo 10).

Struttura binaria dei servizi.

      Si conferma l'assetto binario della struttura dei servizi, che fornisce maggiori garanzie rispetto alla concentrazione in un unico soggetto di tutte le competenze in materia di intelligence. A SISMI e SISDE si sostituiscono ISE (articolo 6) e ISI (articolo 7): il primo competente per le operazioni all'estero ed il secondo per le operazioni sul territorio nazionale. Tale ripartizione geografica è univoca ed è destinata a superare i conflitti e le sovrapposizioni attualmente riscontrabili; in ogni caso sono previste opportune forme di coordinamento per operazioni che presentino carattere misto. ISE ed ISI rispondono direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri, che provvede alla nomina dei relativi direttori ed alla loro eventuale revoca.

Potenziamento dei controlli interni.

      Viene istituito presso il DIS un Ispettorato (articolo 8) - diretto da un dirigente nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri - con il compito di esercitare il controllo di legittimità ed efficienza su tutti gli uffici del Sistema di informazione e sicurezza nazionale, verificando il rispetto di leggi, regolamenti, direttive e disposizioni dell'autorità, con riferimento, tra l'altro, alla tutela del segreto, all'impiego di risorse e personale e alla gestione dei fondi riservati.

 

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Regolamentazione legislativa dei NOS.

      Viene regolamentato per legge il rilascio dei NOS (nulla osta di sicurezza) e viene creato l'UCSe, Ufficio centrale per la segretezza (articolo 9). Tale materia, suscettibile di incidere notevolmente sulla sfera privata di cittadini e imprese e sui relativi diritti soggettivi, è attualmente disciplinata da atti di natura regolamentare, con profili di dubbia legittimità.

Introduzione delle garanzie funzionali.

      Viene espressamente disciplinata la possibilità per gli appartenenti agli organismi di intelligence di porre in essere determinate tipologie di condotte illecite, necessarie per esigenze di sicurezza nazionale (articolo 15). A tal fine si prevede una specifica autorizzazione (articolo 16), di esclusiva competenza del Presidente del Consiglio dei ministri. In nessun caso possono essere autorizzati reati specificamente diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l'integrità fisica, la salute o l'incolumità delle persone. In casi di assoluta necessità e urgenza, l'autorizzazione può essere preventivamente rilasciata dal direttore del servizio, ma deve essere ratificata dal Presidente del Consiglio dei ministri. L'autorizzazione costituisce una speciale causa di giustificazione, che può essere fatta valere dinanzi all'autorità giudiziaria (articolo 17). Le eventuali violazioni sono sanzionate penalmente (articolo 18).

Puntuale disciplina dello stato del personale.

      Particolare attenzione è stata dedicata alle questioni inerenti alla selezione e alla formazione del personale - si prevede, tra l'altro, la creazione dell'Istituto superiore della sicurezza nazionale (articolo 11) - al suo inquadramento giuridico e al trattamento economico (articoli 19 e 20), alla possibilità di utilizzare identità di copertura (articolo 21) o di svolgere attività simulate (articolo 22).

Misure volte a prevenire operazioni di dossieraggio.

      Si introduce una disciplina speciale volta ad impedire attività di dossieraggio da parte dei servizi: a tal fine, viene espressamente stabilito che la raccolta e il trattamento delle notizie e delle informazioni siano finalizzati esclusivamente al perseguimento degli scopi istituzionali dei servizi e si punisce con sanzioni penali la violazione di tale norma (articolo 23).

Rafforzamento dei controlli di contabilità.

      Viene disciplinata puntualmente la presentazione dei bilanci preventivi e consuntivi, distinguendo la contabilità ordinaria da quella riservata e prevedendo per ciascuna di esse un idoneo sistema di controlli che coinvolgono un apposito ufficio distaccato della Corte dei conti, l'Ufficio bilancio e ragioneria della Presidenza del Consiglio, l'Ispettorato del DIS e l'Organo parlamentare di controllo (articolo 25).

Rafforzamento del controllo parlamentare.

      Viene istituito il Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale, composto da quattro deputati e quattro senatori, nominati all'inizio di ogni legislatura dai Presidenti dei due rami del Parlamento in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari (articolo 26). Il Comitato dispone sostanzialmente di poteri assimilabili a quelli delle Commissioni parlamentari d'inchiesta: procede ad audizioni, effettua ispezioni o sopralluoghi, acquisisce tutta la documentazione e gli elementi informativi ritenuti di interesse (articolo 27). Non può essere opposto al Comitato il segreto istruttorio, nè quello d'ufficio, nè quello bancario o professionale; in caso di opposizione del

 

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segreto di Stato, il Comitato ne verifica la fondatezza e può riferire alle Camere. Analoga procedura si osserva nel caso in cui al Comitato si segnali che la comunicazione di un'informazione o la trasmissione di copia di un atto o di un documento possano pregiudicare la sicurezza della Repubblica, i rapporti con Stati esteri, lo svolgimento di operazioni in corso o l'incolumità di fonti informative, collaboratori o appartenenti agli organismi di informazione per la sicurezza (articolo 27, comma 4).
      Il Comitato è destinatario di molteplici comunicazioni obbligatorie e relazioni periodiche da parte del Governo e degli organismi di intelligence (articolo 29) e viene posto nella condizione di esercitare le funzioni di controllo anche sulla gestione contabile e del personale.
      Al Comitato sono affidate anche funzioni consultive sui progetti di legge riguardanti le materie di competenza; il Comitato esprime, inoltre, parere obbligatorio ma non vincolante su tutti gli schemi di decreto e regolamento in materia di intelligence, nonchè sulla nomina del direttore generale del DIS, dei direttori di ISE e ISI, del capo dell'Ispettorato e dei dirigenti preposti all'UCSe ed all'Ufficio centrale degli archivi (articolo 28).
      L'esito degli accertamenti condotti e l'attività svolta sono riferiti alle Camere (articoli 30 e 31).
      Merita di essere sottolineato che viene reso ancor più rigoroso il regime di segretezza degli atti del Comitato (articolo 32) e che - nel quadro di un più ampio rafforzamento della struttura organizzativa - si disciplina con grande attenzione e con la doverosa cautela l'impiego di collaboratori esterni (articolo 33).
      Una novità senza precedenti è, infine, costituita dalla ultra-attività del Comitato dopo lo scioglimento delle Camere: si assicura, in tal modo, che una funzione essenziale quale il controllo democratico sull'attività dell'intelligence non venga meno proprio in una fase delicata quale quella della campagna elettorale (articolo 26, comma 1, ultimo periodo).

Disciplina dei rapporti con magistratura ed altri apparati dello Stato.

      Al fine di tenere conto della specificità della natura dei servizi e dei loro atti, la proposta reca una disciplina di dettaglio dei rapporti intercorrenti tra organismi di intelligence e magistratura, con riferimento sia all'acquisizione di documenti, atti o altra cosa da parte dell'autorità giudiziaria sia all'acquisizione di copie di atti o informazioni da parte del Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 14). Di rilievo anche le misure previste per tutelare la riservatezza dell'identità degli appartenenti agli organismi di intelligence che siano ascoltati dalla magistratura nell'ambito di un procedimento penale (articolo 24).
      Nell'ottica di un potenziamento della capacità info-operativa degli organismi di intelligence è, inoltre, regolamentata in modo puntuale la collaborazione con le Forze armate e con le Forze di polizia (articolo 12), nonchè con pubbliche amministrazioni e soggetti erogatori di servizi di pubblica utilità (articolo 13).

Ridefinizione della disciplina del segreto di Stato.

      La disciplina del segreto di Stato è ridefinita con l'obiettivo di limitarne il ricorso ai soli casi in cui esso sia effettivamente indispensabile per la tutela dell'integrità e dell'indipendenza della Repubblica, la difesa delle istituzioni democratiche, la tutela degli interessi economici della collettività, il corretto svolgimento delle relazioni con altri Stati e con organizzazioni internazionali, la difesa della Patria e la sicurezza militare, anche nell'ambito di missioni internazionali (articolo 34).
      La responsabilità e la competenza per l'apposizione, l'opposizione e la tutela del segreto di Stato compete al Presidente del Consiglio dei ministri. Ordinariamente il vincolo cessa decorsi quindici anni dalla sua apposizione, o, in mancanza di questa, dall'opposizione; tuttavia, il Presidente del Consiglio dei ministri può disporre che

 

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tale durata sia protratta, fino a raddoppiarsi (articolo 34, comma 6). Analogamente, il Presidente del Consiglio dei ministri può disporre la cessazione anticipata del vincolo quando ritenga siano venute meno le esigenze che ne determinarono l'apposizione (articolo 34, comma 7).
      In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale, fatti costituenti reato di devastazione, saccheggio o strage diretta ad attentare alla sicurezza dello Stato, strage semplice o associazione di tipo mafioso (articolo 34, comma 9).
      Coerentemente con tali princìpi, sono modificate alcune disposizioni del codice di procedura penale in materia di opposizione e conferma del segreto di Stato (articolo 35).
      Viene, infine, confermato il coinvolgimento attivo del Comitato parlamentare in ogni caso di conferma della opposizione del segreto di Stato: di tali casi il Presidente del Consiglio dei ministri è tenuto a dare comunicazione, indicandone le ragioni essenziali, al Comitato, il quale - se ritiene infondata l'opposizione del segreto - ne riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni politiche (articolo 35, comma 5).

Regolamentazione legislativa della disciplina delle classifiche di segretezza.

      Nella proposta si è ritenuto di dover disciplinare legislativamente il sistema delle classifiche di segretezza, finora affidato a un sistema di norme secondarie. Tra le novità di maggior rilievo si segnalano la riduzione del numero delle classifiche da quattro (riservato, riservatissimo, segreto e segretissimo) a tre (riservato, segreto e segretissimo) e la previsione di un sistema di declassifica automatica (articolo 36). In assenza di provvedimenti limitativi, la classifica di «segretissimo» è automaticamente declassificata a «segreto», quando sono trascorsi cinque anni dalla data di apposizione, e a «riservato» dopo altri cinque anni; decorso un ulteriore periodo di cinque anni, cessa ogni vincolo di classifica.

      Tenuto conto della rilevanza e dell'urgenza di addivenire ad un nuovo assetto della materia, si auspica una sollecita approvazione della presente proposta.

 

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